Il DNA è stato per anni un pilastro fondamentale nelle indagini. Le prove di DNA raccolte da scene del crimine, come capelli, sangue o tessuti, hanno permesso di risolvere numerosi casi. Tuttavia, negli ultimi anni, è emerso un nuovo approccio che potrebbe rivoluzionare il campo delle scienze forensi: l’uso del DNA ambientale. Tracce invisibili di DNA, che potrebbero sembrare irrilevanti, vengono ora estratte dall’aria, dall’acqua o dal suolo, svelando dettagli che altrimenti potrebbero sfuggire. Questo approccio innovativo permette di raccogliere informazioni anche da luoghi inaspettati e difficilmente accessibili, dove il crimine ha lasciato solo tracce minuscole e apparentemente insignificanti.

Il DNA ambientale (o eDNA) è il materiale genetico che si trova nell’ambiente circostante e che può provenire da esseri viventi che vi si sono mossi o che hanno interagito con esso. Questo DNA può provenire da piante, animali e, naturalmente, esseri umani. Se da un lato l’eDNA è utilizzato in ambito ecologico per monitorare la biodiversità, dall’altro sta trovando applicazione nelle indagini forensi, dove può diventare un elemento cruciale nella risoluzione di crimini.

Gli studi e le tecniche: dalla scoperta alle applicazioni forensi

Il primo passo per rendere il DNA ambientale un valido strumento nelle indagini è stato quello di comprendere come raccogliere ed analizzare questo materiale genetico in ambienti complessi come acqua e aria. A differenza delle prove tradizionali, come il sangue, che sono visibili e facili da raccogliere, il DNA ambientale è invisibile e richiede tecniche avanzate di campionamento e analisi.

Studi pionieristici, come quelli condotti presso l’Institute for Environmental Genomics dell’Università dell’Oklahoma, hanno gettato le basi per l’uso del DNA ambientale in contesti forensi. I ricercatori hanno dimostrato che è possibile raccogliere tracce di DNA anche da piccole quantità di acqua, dal suolo o dall’aria, sfruttando tecniche di filtrazione e campionamento avanzato. Questi metodi sono stati affinati nel tempo per ottenere il massimo dalla raccolta di eDNA, permettendo di estrarre e analizzare DNA anche da campioni molto diluiti o contaminati.

Per quanto riguarda le tecniche, la più comune è la Polymerase Chain Reaction (PCR), una tecnologia che amplifica piccole quantità di DNA, rendendole rilevabili anche quando la quantità iniziale è minima. Questo processo è cruciale per il DNA ambientale, in quanto i campioni possono contenere tracce di DNA diluite e frammentate. Oltre alla PCR, l’uso del Next-Generation Sequencing (NGS) sta diventando sempre più diffuso. Grazie al NGS, è possibile sequenziare e analizzare l’intero genoma di un campione di DNA in modo estremamente preciso, consentendo di identificare profili genetici anche in tracce microscopiche di DNA.

L’analisi di campioni provenienti dall’acqua, ad esempio, può rivelare tracce di DNA lasciate da un sospettato che abbia contaminato l’ambiente, anche se non sono presenti prove evidenti come il sangue o i capelli. In un caso di omicidio, per esempio, le tracce di DNA ambientale possono essere estratte da fiumi o laghi nelle vicinanze della scena del crimine, rivelando movimenti o interazioni dell’autore del crimine con l’ambiente circostante. Uno dei limiti potrebbe essere però il ricircolo e il flusso di tali sorgenti d’acqua. Questo problema potrebbe essere superata da un approccio innovativo: l’uso di sensori ambientali per raccogliere il DNA in tempo reale. Le tecnologie avanzate potrebbero un giorno permettere agli investigatori di rilevare tracce di DNA senza la necessità di raccogliere campioni manualmente, semplicemente monitorando l’ambiente circostante in tempo reale. Questo approccio è destinato a ridurre notevolmente i tempi delle indagini, consentendo un’analisi immediata e mirata.

Nonostante i progressi, l’utilizzo del DNA ambientale nelle indagini forensi non è ancora privo di sfide. Una delle principali difficoltà è legata alla contaminazione dei campioni. Poiché il DNA ambientale può provenire da numerose fonti, distinguere tra DNA lasciato dal sospetto e quello di altre persone presenti nell’ambiente circostante può essere complicato. Inoltre, i metodi di estrazione e analisi devono essere estremamente sensibili e precisi per garantire che i risultati siano affidabili. Tuttavia, le potenzialità sono enormi. Il DNA ambientale sta emergendo come uno degli strumenti più potenti nelle indagini, e i progressi nelle tecniche di sequenziamento e campionamento aprono nuove possibilità per risolvere crimini che, altrimenti, rimarrebbero irrisolti.

Giovanni Langella