(Caso Gregori) Dossier #3 – Giovanna Manetti: confronto verbali 1983-1985 e audizione dicembre 2024
(R. Bruzzone, R. Catania, M. Di Biagio, L. Genovesi)
Nel nostro lavoro su Mirella Gregori ci siamo dati un metodo semplice: rimettere uno accanto all’altro ciò che fu detto allora e ciò che viene raccontato oggi, senza forzature interpretative ma con la cura di leggere le parole dentro la loro timeline.
L’audizione di Giovanna Manetti, ascoltata il 12 dicembre 2024 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, rappresenta uno dei passaggi più delicati di questo percorso. Non solo per le numerose discrepanze che emergono rispetto ai verbali degli anni Ottanta, ma perché Manetti è una delle persone più vicine a Mirella Gregori nel periodo immediatamente precedente alla scomparsa.
Chi è Giovanna Manetti?
È un’amica e compagna di scuola di Mirella, una presenza costante nella sua quotidianità, inserita stabilmente nella comitiva che la ragazza frequenta tra la fine del 1982 e la primavera del 1983.
I diari di Mirella restituiscono un quadro molto chiaro: Giovanna Manetti compare ripetutamente nei diari come punto di riferimento affettivo e relazionale. Mirella annota le uscite insieme, i pomeriggi trascorsi con il gruppo, le conversazioni, gli spostamenti, le dinamiche scolastiche.
Attorno a Manetti ruota un nucleo preciso: Roberto Tiberti, suo fidanzato, Massimo Forti, fidanzato di Mirella, e altri amici legati al quadrante di Centocelle.
I diari raccontano una relazione di forte prossimità: confidenze, presenza reciproca, momenti condivisi che non restituiscono l’immagine di un’amicizia marginale o saltuaria, ma di un legame quotidiano e strutturato.
Proprio per questo, la testimonianza di Giovanna Manetti assume un peso centrale nella ricostruzione delle ore e dei giorni che precedono la scomparsa di Mirella.
Mettere in dialogo la versione resa da Manetti nel 2024 con ciò che dichiarò tra il 1983 e il 1985 – e con ciò che Mirella scrisse nei suoi diari, materiale coevo e non mediato – consente di individuare con precisione slittamenti temporali, riformulazioni narrative, negazioni successive e zone d’ombra che emergono solo nel confronto diretto tra le fonti.
Non è un’operazione polemica.
È un’operazione di metodo: quando cambia il racconto, cambia la scena; quando cambia la scena, cambia il modo in cui leggiamo il caso Gregori.
L’obiettivo di questo lavoro è esattamente questo: verificare punto per punto, senza rumore e senza sovrapposizioni, fino a dove gli atti consentono di arrivare.
L’appuntamento del 7 maggio
All’epoca (1983–1985)
Nei verbali resi a ridosso della scomparsa di Mirella Gregori, Giovanna Manetti colloca l’unico appuntamento concordato per quel pomeriggio in forma telefonica e a un orario ben preciso: le 16.30.
È un dato che ritorna più volte e che ha una funzione chiara: Mirella, dopo la mattinata di scuola e gli impegni familiari, avrebbe dovuto sentirsi telefonicamente con Giovanna nel tardo pomeriggio per decidere il da farsi.
Non emerge, negli atti dell’epoca, alcun riferimento a:
- un appuntamento fissato per le 15.30,
- un incontro sotto casa,
- una comitiva che “aspettava” Mirella in un luogo prestabilito.
L’appuntamento è descritto come eventuale, subordinato alla telefonata, e non come un impegno già definito nello spazio e nel tempo.
In Commissione (12 dicembre 2024)
Nel corso dell’audizione in Commissione parlamentare, il racconto cambia in modo sensibile.
L’appuntamento non è più presentato come una telefonata da fare alle 16.30, ma come qualcosa che avrebbe dovuto concretizzarsi prima, intorno alle 15.30, e che viene descritto come atteso:
Mirella “doveva” arrivare,
non arrivando “ci si preoccupa”,
e da qui nasce l’idea di chiamarla.
La telefonata delle 16.30, che negli atti originari è il punto di partenza, diventa invece una conseguenza del mancato incontro.
Che cosa cambia
Il cambiamento non riguarda solo mezz’ora di differenza, ma la struttura stessa dell’evento.
Negli anni Ottanta:
- prima c’è la telefonata alle 16.30,
- poi, eventualmente, l’incontro.
Nel racconto del 2024:
- prima c’è un appuntamento fissato alle 15.30,
- poi la telefonata nasce perché Mirella non arriva.
Questo slittamento è rilevante perché anticipa artificialmente la timeline e avvicina l’appuntamento al primo pomeriggio, sovrapponendolo agli orari che, in altri passaggi dell’audizione, vengono indicati come quelli delle telefonate di Massimo Forti.
L’effetto complessivo è quello di un appuntamento che, nel 2024, appare più definito, più urgente e più vicino nel tempo rispetto a quanto risulta dagli atti coevi, dove invece è rimandato e subordinato a una chiamata serale.
La scuola e gli orari del primo pomeriggio
All’epoca (1983)
Negli atti del 1983 l’uscita di Mirella Gregori da scuola è collocata in modo univoco alle 13.15.
Subito dopo l’uscita, Mirella non si disperde né rientra in modo incerto: si reca al bar del padre e da lì, alle 13.40, effettua una telefonata a casa, informando la madre dei suoi spostamenti.
Questo dato è centrale perché fissa due punti certi:
- l’orario reale di uscita da scuola (13.15);
- la presenza di Mirella al bar alle 13.40, dunque già fuori dall’ambiente scolastico da tempo.
Negli stessi atti, inoltre, emerge che Mirella e Giovanna Manetti non si salutano davanti alla scuola, ma si allontanano insieme, Giovanna prenderà il bus mentre Mirella proseguirà a piedi. Non c’è quindi una separazione immediata all’uscita, né un momento in cui Mirella resta da sola davanti all’istituto.
In Commissione (12 dicembre 2024)
Nel riepilogo che Manetti fornisce in Commissione, l’uscita da scuola viene invece collocata alle 14.00.
È uno scarto contenuto sul piano formale, ma rilevante sul piano logico, perché sposta in avanti di quasi un’ora l’inizio del pomeriggio di Mirella.
Questa collocazione alle 14.00 entra però in conflitto con quanto Manetti stessa aveva dichiarato all’epoca e con i dati oggettivi della giornata.
Che cosa non è possibile
Se si tengono fermi gli elementi documentati del 1983, emergono alcune incompatibilità nette:
- Non è possibile che Mirella sia uscita da scuola alle 14.00, perché alle 13.40 risulta già al bar del padre mentre telefona a casa.
- Non è possibile posticipare l’uscita senza cancellare la telefonata dal bar, che è un fatto certo e verbalizzato.
- Non è possibile immaginare una separazione davanti alla scuola, perché dagli atti risulta che Mirella e Manetti vanno via insieme, prendendo l’autobus.
Il punto, quindi, non è un’oscillazione generica sugli orari, ma una sovrapposizione temporale che non regge: l’uscita alle 14.00 evocata nel 2024 non è compatibile né con le dichiarazioni del 1983 né con la sequenza documentata degli spostamenti di Mirella.
L’inaugurazione del bar (6 maggio 1983)
All’epoca (1983–1985)
Negli atti raccolti a ridosso della scomparsa di Mirella Gregori, Giovanna Manetti non viene mai interrogata sulla sua eventuale presenza all’inaugurazione del bar del 6 maggio, il giorno precedente alla scomparsa.
L’assenza di una domanda specifica spiega perché, nei suoi verbali dell’epoca, non vi sia alcuna presa di posizione diretta su quel punto.
La circostanza della sua presenza all’inaugurazione emerge però da altre fonti coeve.
Roberto Tiberti, fidanzato di Giovanna Manetti, riferisce infatti che quella sera Giovanna era presente, insieme a:
- Massimo Forti,
- il fratello di Giovanna,
- un’altra persona.
Questa ricostruzione viene confermata anche da Massimo Forti, fidanzato di Mirella, che colloca Giovanna Manetti all’inaugurazione insieme al resto del gruppo.
Dunque, pur in assenza di una dichiarazione diretta di Manetti, gli atti dell’epoca collocano la sua presenza alla festa attraverso testimonianze convergenti, rese quando i fatti erano ancora recenti.
In Commissione (12 dicembre 2024)
Alla domanda diretta del Presidente:
“Lei era presente il giorno prima della scomparsa di Mirella, il 6 maggio 1983, all’inaugurazione del bar della famiglia Gregori?”
Giovanna Manetti risponde in modo netto:
“No.”
Alla domanda successiva, relativa alla presenza di altri membri della comitiva, la risposta diventa incerta:
“Non me lo ricordo. Forse no, perché noi abitavamo in un quartiere distante da lì e la sera non si faceva tanto tardi, soprattutto durante la settimana.”
La motivazione addotta da Manetti si fonda su due presupposti:
- la distanza del quartiere,
- il fatto che si trattasse di una sera infrasettimanale.
Il Presidente però puntualizza immediatamente un dato:
“Però, sicuramente quella sera c’era Massimo Forti.”
Manetti risponde:
“Sì, lui sì, lui è andato.”
Questa affermazione introduce una prima incongruenza logica: Manetti esclude la propria presenza facendo riferimento alle difficoltà logistiche e agli orari serali, ma ammette senza esitazioni la presenza di Massimo Forti, che abitava nello stesso quadrante urbano e faceva parte della stessa comitiva.
Va inoltre precisato che l’inaugurazione non si svolge in tarda serata, ma nel pomeriggio, elemento che rende non pertinente la giustificazione legata al “non fare tardi durante la settimana”.
La discussione tra Mirella e Massimo Forti
Il Presidente introduce poi il tema del piccolo litigio tra Mirella e Massimo Forti avvenuto durante l’inaugurazione:
“Forti quella sera ebbe una discussione, un piccolo problema rispetto al fatto che Mirella non lo avesse considerato. Lei su questa cosa aveva per caso raccolto qualche confidenza?”
Manetti risponde:
“Niente di particolare, sicuramente una stupidaggine. Non ne abbiamo né parlato in classe il sabato mattina né al telefono.”
Questa affermazione entra in contrasto con quanto emerge dagli atti del 1983.
Il confronto con le dichiarazioni di Tiberti (28 ottobre 1983)
L’on. Iaia richiama puntualmente la testimonianza resa da Roberto Tiberti ai Carabinieri di Roma il 28 ottobre 1983, nella quale si afferma che:
- Giovanna Manetti era presente all’inaugurazione insieme a Tiberti e Massimo Forti;
- il gruppo si allontanò prima, intorno alle 17.30;
- lungo il tragitto di ritorno, parlarono dell’atteggiamento scostante di Mirella, che, secondo Tiberti, si era dedicata alle amiche trascurando Massimo.
Di fronte a questo richiamo, Manetti risponde:
“Non ricordo proprio di esserci stata, quindi non posso dire nulla perché non mi ricordo. Chi è che ha detto che c’eravamo?”
Quando le viene ribadito che lo ha detto Tiberti pochi mesi dopo i fatti, Manetti replica:
“Ma io invece che dico? Perché non lo ricordo. Che poi esco da scuola, arrivo a casa alle 15 e poi esco di nuovo?”
Qui Manetti introduce un ulteriore elemento di confusione temporale, sovrapponendo:
- la giornata scolastica,
- il rientro a casa,
- l’orario dell’inaugurazione.
Le incongruenze temporali
Alla domanda finale del Presidente sulla memoria dei giorni precedenti alla scomparsa, Manetti afferma:
“Ricordo quel giorno perché è stato un giorno brutto e non si sapeva niente. Quel giorno me lo ricordo bene, ma i giorni prima no.”
E aggiunge:
“Se in tanti dicono che ci siamo stati, sarà così. A me pare strano, perché arrivavo a casa tardissimo. Che il venerdì sia andata a casa e poi alle 17.30 ritornata, non ci sono proprio i tempi tecnici.”
Questa affermazione mostra una confusione sul dato delle 17.30:
non si tratta dell’orario di un “ritorno” al bar, ma dell’orario in cui, secondo Tiberti, il gruppo se ne va dall’inaugurazione.
Nodo della discrepanza
Il quadro che emerge è il seguente:
- Manetti nega la propria presenza all’inaugurazione;
- giustifica la negazione con argomentazioni non coerenti con la reale collocazione temporale dell’evento (pomeriggio, non sera);
- ammette la presenza di Massimo Forti, pur condividendo con lui contesto e logistica;
- nega qualsiasi discussione, in contrasto con la testimonianza coeva del suo fidanzato Tiberti;
- mostra una confusione evidente sugli orari, attribuendo alla giornata una sequenza che non coincide con quanto emerge dagli atti.
La domanda che resta aperta non riguarda la semplice memoria di un dettaglio, ma la ragione per cui, oggi, Manetti esclude una presenza che all’epoca risulta attestata da testimonianze convergenti, rese quando i fatti erano ancora prossimi nel tempo.
I diari di Mirella e le frasi firmate “Giovanna”
In Commissione (12 dicembre 2024)
Nel corso dell’audizione, la Commissione introduce il tema dei diari di Mirella Gregori. La prima domanda è diretta: le viene chiesto se sapesse dell’esistenza dei diari e se abbia mai scritto qualcosa in quei quaderni.
Giovanna Manetti risponde in modo netto su entrambi i punti:
- afferma di non sapere che Mirella tenesse dei diari;
- afferma di non aver mai scritto nulla.
A questo punto la Commissione le mostra materialmente i diari. All’interno compaiono alcune frasi firmate “Giovanna”. Di fronte all’evidenza documentale, Manetti compie un passaggio decisivo: riconosce la propria scrittura all’interno dei diari di Mirella.
Quindi la sequenza dichiarativa è precisa:
- “non sapevo dei diari / non ho mai scritto”;
- visione dei diari con frasi firmate “Giovanna”;
- riconoscimento: quella grafia è la sua.
Che cosa implica questo passaggio
Il punto non è soltanto che Mirella avesse dei diari, ma che quei diari contengano interventi di terzi, e in particolare annotazioni attribuibili a Manetti, con firma.
Questo elemento produce tre effetti molto concreti:
- rende poco sostenibile la dichiarazione iniziale (“non sapevo dei diari”), perché il fatto stesso di avervi scritto presuppone almeno una conoscenza minima dell’oggetto-diario;
- rende difficilmente sostenibile anche la negazione assoluta (“non ho mai scritto”), perché il riconoscimento della grafia arriva dopo la visione delle frasi firmate;
- introduce un dato strutturale: i diari non sono solo una memoria privata di Mirella, ma contengono anche tracce della sua rete relazionale, con interventi diretti.
Nodo della discrepanza
Qui la criticità non è un “non ricordo”.
È una dinamica diversa: negazione iniziale seguita da rettifica dopo l’esibizione del documento.
In termini di affidabilità dichiarativa, questo passaggio segnala che:
- la posizione di Manetti cambia non per recupero spontaneo, ma per confronto con un elemento materiale;
- la Commissione ottiene un’informazione non perché la testimone la porti, ma perché viene messa davanti a una prova incompatibile con la prima risposta.
Orario 14:20 – a chi appartiene davvero quell’orario
In Commissione (12 dicembre 2024)
L’on. Morassut introduce la questione degli orari affermando che, in tutte le dichiarazioni recuperabili, Manetti avrebbe sempre definito “quel momento” come le 14:20 del 7 maggio, cioè l’orario in cui lei avrebbe chiamato a casa Gregori per dire:
“ricordati che alle 16 dobbiamo andare a fare il nostro giro per i regali a Centocelle”.
Morassut prosegue sostenendo che alle 14:20 Manetti chiama e la madre le avrebbe risposto che Mirella era scesa perché l’aveva citofonata Alessandro, e chiede quindi una conferma:
“Lei può confermare… che è alle 14:20 che chiamò casa Gregori?”
Manetti risponde inizialmente in modo non assertivo:
“Sì, probabilmente sì. Noi ci sentivamo tante volte.”
Morassut la richiama (“probabilmente” non è “essere sicuri”) e Manetti riformula:
“prima di un appuntamento… è normale chiedere conferma”.
Quando il Presidente sottolinea che quello non era “un giorno come un altro” e Morassut aggiunge che lei lo avrebbe dichiarato “due volte”, Manetti conclude:
“Ma certo. Se l’ho detto, è così. Ho anche chiamato più volte: alle 15 e poi alle 15:30.
Purtroppo, così abbiamo dato alla mamma un’ulteriore preoccupazione.”
In Commissione, quindi, Manetti finisce per “adottare” il 14:20 come suo orario di telefonata, e aggiunge anche due ulteriori chiamate alle 15:00 e alle 15:30.
All’epoca (verbali 4 luglio 1983)
Nei verbali del 1983, però, l’orario delle 14:20 non è mai indicato come l’orario di una telefonata fatta da Manetti.
Al contrario, Manetti dice chiaramente che:
- alle 16:30 telefona a casa Gregori perché aveva un appuntamento telefonico con Mirella;
- la madre, in quella telefonata delle 16:30, le riferisce che verso le 14:20 aveva citofonato De Luca Alessandro e Mirella era uscita;
- alle 17:30 Manetti ritelefona e la madre le dice che Mirella non è rientrata;
- Manetti poi chiama Sonia De Vito, che le riferisce di non vedere Mirella dalle 14:20, ora in cui Mirella sarebbe stata da lei dicendo che andava a Porta Pia con Alessandro.
Dunque, negli atti dell’83:
- 14:20 non è l’orario della telefonata di Manetti
- 14:20 è l’orario riferito da terzi (madre e Sonia) come momento in cui Mirella sarebbe stata vista/uscita.
Il primo contatto attivo di Manetti, per come risulta dal verbale, è 16:30, poi 17:30.
Che cosa cambia
Il passaggio decisivo è questo:
- Nel 1983, Manetti usa “14:20” come informazione ricevuta (madre/Sonia), non come un suo gesto.
- Nel 2024, dopo l’impostazione della domanda, finisce per confermare “14:20” come se fosse l’orario della sua telefonata.
È un cambio importante perché modifica l’intera sequenza:
- Se Manetti telefona alle 14:20, anticipa l’allarme al primo pomeriggio.
- Se Manetti telefona alle 16:30, come negli atti, l’allarme nasce più tardi ed è coerente con l’“appuntamento telefonico”.
Il nodo delle telefonate alle 15:00 e alle 15:30
In Commissione Manetti afferma:
“Ho anche chiamato più volte: alle 15 e poi alle 15:30.”
Ma nei verbali del 1983 questa sequenza non risulta: le chiamate riportate sono 16:30 e 17:30. In più, la frase:
“Purtroppo, così abbiamo dato alla mamma un’ulteriore preoccupazione”
è difficile da collocare nella timeline riferita dalla madre, perché se Mirella fosse uscita alle 15:25–15:30 (come in altre ricostruzioni), non è coerente immaginare una “ulteriore preoccupazione” generata da chiamate alle 15 e 15:30 quando l’assenza sarebbe ancora troppo ravvicinata per giustificare un allarme.
Il punto, quindi, non è solo l’oscillazione di un orario, ma la trasformazione del 14:20 da “orario riferito” a “orario agito”, e l’introduzione di telefonate (15 e 15:30) che negli atti del 1983 non compaiono.
Con chi era all’appuntamento
In Commissione (12 dicembre 2024)
L’on. Pirovano chiede a Giovanna Manetti un chiarimento diretto:
dove si trovasse quel pomeriggio e con chi fosse nel momento in cui stavano aspettando Mirella.
La risposta di Manetti si sviluppa in modo articolato, ma non fornisce nomi né una collocazione relazionale precisa:
“Io ricordo di essere rimasta a casa a fare queste telefonate. Finché la mamma mi diceva che non era rientrata, io sapevo che lei non sarebbe venuta da noi.”
Manetti afferma quindi di essere rimasta a casa, impegnata a telefonare ripetutamente per rintracciare Mirella.
Sottolinea l’assenza dei cellulari e descrive una serie di chiamate “da casa a casa”.
Aggiunge poi una possibile sequenza alternativa, formulata in modo ipotetico:
“Può darsi che dopo una certa ora io abbia raggiunto i ragazzi e abbiamo parlato del fatto che lei non si trovava.”
E ancora:
“Probabilmente, magari chiamando e richiamando, ho detto alla mamma: diamoci un appuntamento telefonico verso le 16,30, per vedere se rientrava.”
Infine conclude:
“Magari poi sono andata dai ragazzi, perché ci incontravamo abbastanza vicino casa mia. Poi, sul tardi, siamo andati tutti da lei.”
Che cosa non viene detto
Alla domanda iniziale – con chi era – Manetti non risponde in modo diretto.
Non indica:
- chi fossero “i ragazzi”;
- quando li avrebbe raggiunti;
- per quanto tempo sarebbe rimasta con loro.
Il racconto resta costruito su formule ipotetiche (“può darsi”, “probabilmente”, “magari”), senza una sequenza temporale definita e senza riferimenti personali espliciti.
Le incongruenze con altri elementi
Dalla versione fornita in Commissione emerge che Manetti:
- sarebbe rimasta a casa molto a lungo per fare le telefonate;
- avrebbe effettuato tutte le chiamate da casa;
- solo successivamente avrebbe raggiunto “i ragazzi”.
Questa ricostruzione entra però in conflitto con quanto riferito da Massimo Forti, che colloca sé stesso insieme a Manetti dalle 16.00 alle 18.30, prima del rientro a casa.
Le due versioni non sono sovrapponibili:
- o Manetti è rimasta a casa a telefonare per gran parte del pomeriggio;
- oppure era già con Forti e gli altri.
Le due cose non possono essere vere contemporaneamente.
Il nodo dell’“appuntamento telefonico” con la madre
Particolarmente critico è il passaggio in cui Manetti afferma:
“Probabilmente… ho detto alla mamma: diamoci un appuntamento telefonico verso le 16,30.”
Questa affermazione introduce un elemento nuovo e difficilmente compatibile con gli atti:
- l’idea di un appuntamento telefonico concordato con la madre di Mirella;
- non con Mirella stessa.
Negli atti del 1983, l’appuntamento telefonico delle 16.30 è sempre riferito a Mirella, non alla madre.
La riformulazione operata in Commissione altera quindi la natura stessa di quell’appuntamento.
Il finale “tutti da lei”
Manetti conclude affermando:
“Poi, sul tardi, siamo andati tutti da lei.”
Questa circostanza non risulta nelle sommarie informazioni dell’epoca, né trova un riscontro documentale chiaro negli atti del 1983.
Nodo della discrepanza
Il quadro che emerge è quello di una ricostruzione fluida e ipotetica, in cui:
- non vengono indicati i soggetti presenti;
- le telefonate sono tutte collocate “da casa”, ma altri testimoni collocano Manetti altrove;
- l’appuntamento telefonico viene ridefinito retroattivamente come accordo con la madre;
- alcune azioni finali (“siamo andati tutti da lei”) non trovano riscontro negli atti coevi.
Il punto critico non è la mancanza di memoria su un dettaglio, ma l’incompatibilità tra le versioni disponibili, che rende impossibile ricostruire in modo coerente dove fosse Manetti e con chi trascorse quelle ore decisive del pomeriggio.
Perché questo lavoro?
Questa comparazione non è un esercizio di puntiglio: è il punto di partenza obbligato. Se i racconti di ieri e di oggi non combaciano, ogni ipotesi successiva poggia su sabbia. Servono minutaggi verificabili, luoghi certi, passaggi documentati, così da distinguere ciò che fu visto da ciò che è stato immaginato dopo. Solo ripartendo da una base solida — poche cose ma solide — si può rimettere in fila la giornata del 7 maggio 1983.
Non chiediamo verità prefabbricate, chiediamo metodo: ricucire gli atti, segnalare gli scarti, togliere dal tavolo i dettagli che non reggono. È un’operazione necessaria per rispetto di Mirella e di chi la cerca da quarant’anni. Finché le informazioni disponibili “sembrano tutto tranne che certe”, l’unico dovere è continuare a verificare, punto per punto, audizione per audizione, fin dove la carta e i fatti ci permettono di arrivare.